giovedì 25 dicembre 2008

Intervista al portiere della Sampdoria Vincenzo Fiorillo da Oregina

L'intervista al nuovo portiere di riserva della Sampdoria Vincenzo Fiorillo da Oregina inizia così
«Con calma. Non ho ancora dimostrato niente. C’è tanto da fare».
Per essere il nuovo Buffon...
«Lui è il numero uno, mi ha spinto a fare questo ruolo. L’anno che ho iniziato nell’Oregina lui espodeva a Parma, con quegli atteggiamenti che mi hanno fatto innamorare. Era un matto scatenato, ora si è calmato, resta il mio idolo dentro e fuori dal campo».
E lei ha i suoi guanti.
«Mi è arrivata la telefonata, ho sentito la voce e ho capito che era lui senza che me lo dicesse. Quella chiamata ha sancito una stagione fantastica, una grande iniezione di fiducia. All’ultima partita, Samp-Juve, Buffon doveva curarsi la schiena e non è venuto, ma da numero uno qual è mi ha mandato un pacco con la maglia e i guanti autografati. Il paragone adesso è eccessivo, io ho fatto bene, ma la strada per arrivare a lui è ancora tanta».
Buffon, il più forte al mondo.
«Assolutamente. E tra gli italiani, dietro di lui metto Coppola e Mirante, che da Buffon ha studiato. Per me è un onore lavorare con Antonio, mi aiuta tanto. Considerando anche gli stranieri, Buffon sempre primo, poi Frey e Cech».
Oltre a Mirante, chi l’aiuta di più a crescere nella Samp?
«Ho avuto un grande maestro, Guido Bistazzoni. E, come giocatori, mi allena soprattutto Antonio Cassano: uno atipico in tutto, impari tanto dalla malizia dei suoi gesti davanti alla porta. Ed è “matto”, starebbe benissimo a Oregina con me. E poi Palombo...».
Anche lui a Oregina?
«Sì, ci starebbe bene, ci trasferiamo tutti lì. Palombo è una figura importante nello spogliatoio, un grande professionista e sempre con la parola giusta per i giovani. È destinato a diventare la bandiera della Sampdoria».
Come Fiorillo...
«Giocare per la propria squadra del cuore, nella propria città, è fantastico. A doppio taglio, lo senti più di altri, però poi torni nei tuoi posti, con i tuoi amici, questo ti dà forza in più. E la Sampdoria mi ha sempre dimostrato tanta stima. Sanno quanto tengo a questa maglia, ne vado fiero e spero di fare qualcosa di bello qui».
Dove gioca dal 2000, quasi metà della sua vita.
«Fino a 10 anni preferivo giocare porta a porta, sull’asfalto, anziché le partite vere. Ho sempre fatto il portiere, altri hanno iniziato a 5 o 6 anni, io dopo. E subito c’è stata la chiamata della Sampdoria, c’erano anche altre strade, ma da sampdoriano non me la sono lasciata sfuggire».
Come sostiene Marcello Lippi, l’importanza dello street football.
«Già, ti insegna più di tutto forse. Giocare in strada, con i più grandi, ti dà creatività e trasmette sfrontatezza, quella che io ho rimesso in campo all’esordio con la prima squadra o in azzurro. E poi serve equilibrio, in questo mi aiuta anche la musica, che è importante nella mia vita. Ma un po’ di pazzia me la porto sempre dietro».
Ciò che permette di “non sudare”, non emozionarsi quasi mai?
«Sì, in Nazionale. Ma con la Samp mi emoziono. Come prima della finale, volevo questo scudetto».
Stavolta, battuto Balotelli.
«Quest’anno la sfida era sulle punizioni, l’ho vinta io. Sul rigore ho provato a mettergli pressione, ma ha segnato. Abbiamo fatto un siparietto, ha detto “lasciami stare che se sbaglio qui sono rovinato”. E io mi sono messo a ridere. È davvero forte, il più forte che ho incontrato a livello Primavera».
Scudetto vinto, quale il messaggio più gradito?
«Dai miei amici più intimi, “sei il nostro orgoglio, grazie Vince”. Mi vogliono bene al di là di quello che faccio, è la cosa più bella».
E nella Samp tricolore, su chi scommettere?
«Dico Gianluigi Bianco, un altro da lista dei matti, perciò lo sponsorizzo io. Ha un piede che pochi altri anno».
Scalare l’azzurro?
«Già in Under 19 sono sotto età di un anno, preferisco essere protagonista qui che comparsa al piano superiore, per come sono fatto io. E la Nazionale maggiore è il mio sogno, ma per ora non guardo così lontano».
I festeggiamenti scudetto?
«Ma sono durati tanto e ancora continuano. L’ho detto, Oregina è un posto di matti. Erano tutti davanti allo schermo per le finali, felicissimi. Lì tutti mi conoscono, ci sono i miei amici e i miei fratelli, sono orgogliosi di me. C’è la piazzetta per eccellenza, il punto di ritrovo, spero di non perderlo neanche da grande, sono nato lì e non me ne andrei mai. È un posto dove ritrovare la normalità, a 18 anni il ritiro non passa mai».
Però a qualcosa serve...
«Per non esagerare col mangiare, sono una buona forchetta e con i parenti campani, di pizza non potrei fare a meno. Però sono zeneize, le trofie o gli gnocchi al pesto non me li toglie nessuno, solo che in ritiro non si mangiano mai, non la sopporto ’sta cosa».
Può lanciare un appello.
«Vogliamo la pasta al pesto nel ritiro della Samp. Anzi, solo il presidente Garrone che è genovese mi può capire: ce la mangiamo io e lui a un tavolo a parte».
Torniamo a Oregina, le scuole.
«Elementari e medie, poi basta. Di matematica non ho mai preso un voto buono, anche copiando. Ma la mia professoressa era un’ultras, io ritagliavo i giornali, incollavo su un quaderno, non disturbavo e lei era contenta. L’ho rivista a Bogliasco e m’ha chiesto del quadernetto: è diventato grande. La mia materia preferita? Una che studiavo anche di notte, mi sono applicato tanto: educazione fisica... Mio fratello dice che so solo mettermi i guanti, mi sa che ha ragione veramente».
Fratelli e genitori. Tifosi?
«Mio papà è spudoratamente dalla mia parte, Samp. Mia mamma Palermo, i miei fratelli genoanissimi. Ma al gol di Mustacchio sono saltati in piedi anche loro».
Poi gli amici.
«Con il mio migliore amico c’è una promessa: dopo la vacanza, a fine giugno, ci faremo un tatuaggio. Una scritta in inglese: la prima parte significa “insieme”, il resto lo sappiamo io e lui. E con gli amici abbiamo progettato il viaggio da sogno, a Natale a New York. Questo o il prossimo, capiterà. A proposito di viaggi, mi viene da ridere...».
Perché?
«La mia prima partita in Under 17, amichevole con l’Irlanda. Ero emozionatissimo, ho messo la maglietta azzurra senza nient’altro sotto. E a Dublino c’era -4°, ero gelato. Ma un’emozione grandissima».
Come i cori personalizzati dei tifosi blucerchiati.
«Sono eccezionali. Ma ai cori sono abituato, sono i miei amici che me li fanno allo stadio come in piazzetta».
Tanti amici. E la fidanzata?
«C’è, da poco, e con lei sto benissimo. È una persona speciale che mi dà anche tranquillità».
Prima parlava di musica...
«Già, ora sto cadendo nelle canzoni d’amore».
Avete la vostra canzone?
«“A te” di Jovanotti».
Ecco la base.
«...a te che sei l’unica al mondo, l’unica ragione per arrivare fino in fondo... Ormai sono lanciato...».

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